Io gli spacco il culo. Vorrei sapere chi lo da il lavoro a questi che per creare argomenti riconoscibili devono per forza mettere un nome a tutto.
Bullo.
Che parola di merda è. Chi avalla l’utilizzo di questi neologismi, portatemelo qui che gli fracasso la mascella con una testata in bocca. Anche la pagina di wikipedia dedicata al bullismo si autodefinisce un miscuglio di sociologia e luoghi comuni e persino il fottuto correttore automatico del word del continua a segnarmi in rosso la parola come se fosse un errore di ortografia o una qualsiasi delle parolacce che ho scritto.
Ok, ho malmenato uno che non voleva darmi il suo KitKat nell’intervallo: al grido di spezza con kit kat ho sentito la sua tibia cedere sotto le mie mani. Mi sono nascosto nell’armadietto con su la maschera di Dario Fo e quando la professoressa di italiano lo ha aperto ho accennato “Mistero buffo” ed è morta d’infarto. Ho buttato giù il muro che ci divideva dall’altra classe usando la cattedra come ariete, e l’ho riempita di panini ai quali davo un morso prima di lanciarli a mò di bomba a mano:l’ho fatto per 40 minuti.
Bullo.
Che parola di merda è. Chi avalla l’utilizzo di questi neologismi, portatemelo qui che gli fracasso la mascella con una testata in bocca. Anche la pagina di wikipedia dedicata al bullismo si autodefinisce un miscuglio di sociologia e luoghi comuni e persino il fottuto correttore automatico del word del continua a segnarmi in rosso la parola come se fosse un errore di ortografia o una qualsiasi delle parolacce che ho scritto.
Ok, ho malmenato uno che non voleva darmi il suo KitKat nell’intervallo: al grido di spezza con kit kat ho sentito la sua tibia cedere sotto le mie mani. Mi sono nascosto nell’armadietto con su la maschera di Dario Fo e quando la professoressa di italiano lo ha aperto ho accennato “Mistero buffo” ed è morta d’infarto. Ho buttato giù il muro che ci divideva dall’altra classe usando la cattedra come ariete, e l’ho riempita di panini ai quali davo un morso prima di lanciarli a mò di bomba a mano:l’ho fatto per 40 minuti.
Ho sbriciolato il gesso, l’ho messo sul banco di Mariasole e quando lei si è seduta gliel’ho soffiato in faccia. D’accordo, Mariasole è allergica al gesso: ho filmato il suo shock anafilattico e l’ho messo su yotube con il titolo: “Esilarante!Ragazza muore in classe”.
Ho filmato le mie compagne di classe mentre piangevano ascoltando La Cura di Battiato e ho messo il video su youtube ho cambiato l’audio con Blue degli Eiffel 65, e l’ho intitolato “Ragazze down piangono senza motivo” .
Ho diffuso il soprannome The Hole dopo averlo affibiato a quello della 2d che è nato con una grave malformazione, la pelle delle natiche non seguiva la curva del muscolo e gli chiudeva tutto. Ho inventato “La catasta” un capolavoro di architettura che prevede una piramide di 34 banchi poggiati su una superficie di 3 metri quadri: il bello della catasta è farla cadere, il boato che ne scaturisce mi dà un brivido che provo solo in poche altre occasioni:
Quando piscio nella Lemon Soda del professore di Chimica
Quando riempio di bucce di mandarino uno zaino
Quando incollo la tuta di qualcuno al muro e ci disegno la testa e le mani
Quando ritaglio le facce dai santini e le attacco sui giornaletti porno
Quando apro una busta di processionarie in classe
Quando inneggio alla Jihad durante l’ora di religione
È tutto vero, ed è anche vero che fino a qualche mese fa ero un ragazzo, come dite voi, tranquillo.
Ma dovete credermi, non potete tenermi rinchiuso qui, non sono pazzo. Vi prego, vi ho detto esattamente come è andata, mi ha detto lei di fare tutto questo. Lo ricordo ancora perfettamente, come fosse successo ieri: era un pomeriggio di ottobre, ed ero in camera mia, avevo finito i miei compiti e stavo leggendo un saggio sulla storia della coltivazione del baco da seta nel VI secolo d.C., avevo appena finito di copiare in bella gli appunti, mi accingevo a riordinare in ordine cronologico tutti i miei dischi di musica classica, quando a un certo punto mi giro e c’è lei.
Due piccole papere gialle identiche con degli occhiali da sole. Non vedo i loro occhi, ma sento il loro sguardo su ogni centimetro della mia pelle improvvisamente bagnata da un sudore di ghiaccio.
Vorrei dire qualcosa, ma l’aria che spingo su non ottiene la complicità delle corde vocali, ed emetto qualcosa tipo “hhhhhh”. Resto muto e immobile qualche secondo, il cuore rimane nel petto solo perché ho una gabbia toracica forte, ma ha smesso di pompare sangue, e diffonde panico fino all’ultimo capillare. Un attimo di mille anni, un’eternità di un secondo, poi quei piccoli becchi si aprono e parlano all’unisono. “Vieni a giocare con noi. I libri non ti servono più. Abbiamo del lavoro per te”
Ho diffuso il soprannome The Hole dopo averlo affibiato a quello della 2d che è nato con una grave malformazione, la pelle delle natiche non seguiva la curva del muscolo e gli chiudeva tutto. Ho inventato “La catasta” un capolavoro di architettura che prevede una piramide di 34 banchi poggiati su una superficie di 3 metri quadri: il bello della catasta è farla cadere, il boato che ne scaturisce mi dà un brivido che provo solo in poche altre occasioni:
Quando piscio nella Lemon Soda del professore di Chimica
Quando riempio di bucce di mandarino uno zaino
Quando incollo la tuta di qualcuno al muro e ci disegno la testa e le mani
Quando ritaglio le facce dai santini e le attacco sui giornaletti porno
Quando apro una busta di processionarie in classe
Quando inneggio alla Jihad durante l’ora di religione
È tutto vero, ed è anche vero che fino a qualche mese fa ero un ragazzo, come dite voi, tranquillo.
Ma dovete credermi, non potete tenermi rinchiuso qui, non sono pazzo. Vi prego, vi ho detto esattamente come è andata, mi ha detto lei di fare tutto questo. Lo ricordo ancora perfettamente, come fosse successo ieri: era un pomeriggio di ottobre, ed ero in camera mia, avevo finito i miei compiti e stavo leggendo un saggio sulla storia della coltivazione del baco da seta nel VI secolo d.C., avevo appena finito di copiare in bella gli appunti, mi accingevo a riordinare in ordine cronologico tutti i miei dischi di musica classica, quando a un certo punto mi giro e c’è lei.
Due piccole papere gialle identiche con degli occhiali da sole. Non vedo i loro occhi, ma sento il loro sguardo su ogni centimetro della mia pelle improvvisamente bagnata da un sudore di ghiaccio.
Vorrei dire qualcosa, ma l’aria che spingo su non ottiene la complicità delle corde vocali, ed emetto qualcosa tipo “hhhhhh”. Resto muto e immobile qualche secondo, il cuore rimane nel petto solo perché ho una gabbia toracica forte, ma ha smesso di pompare sangue, e diffonde panico fino all’ultimo capillare. Un attimo di mille anni, un’eternità di un secondo, poi quei piccoli becchi si aprono e parlano all’unisono. “Vieni a giocare con noi. I libri non ti servono più. Abbiamo del lavoro per te”